Gianluca Monti - giornalista e comunicatore.

Trent’anni di Notti Magiche

Fate un salto indietro di esattamente trent’anni, vi ritroverete a votare il nome della mascotte di Italia ’90 e a cantare a squarciagola Notti Magiche, l’inno del Mondiale che soppiantò in quei mesi l’inno di Mameli perché capace di travalicare i confini nazionali. Bennato e la Nannini sono diventati una icona in coppia, eppure avevano mietuto già grandi successi e hanno continuato a farlo (ma sempre ciascuno per conto proprio). Non hanno “ballato” una sola estate come quelle canzonette che dodici mesi dopo sono già passate di moda, la loro Notti Magiche resiste al tempo. Da trent’anni la invochiamo ogni estate: è un titolo sui giornali, una professione di fede.

Oggi, trent’anni dopo quel Mondiale, sta per tornare in Italia un’estate di calcio, dedicata stavolta al campionato. Nulla a che vedere rispetto al Mondiale ’90, ma la suggestione è forte ed allora riavvolgiamo il nostro proprio con Bennato, disponibile con Offside come solo i grandi sanno essere: “I meccanismi sono collegati sempre tra loro: tutto nasce da viale Campi Flegrei 55 dove ho visto la luce, passa per il cortile dell’Italsider di Bagnoli dove c’erano famiglie provenienti dai vari stabilimenti d’Italia, quindi dal Veneto, dalla Toscana, dalle Marche e lì, in quel cortile cosmopolita, evitavi di accumulare inutili tensioni campanilistiche tra Nord e Sud. Mi piace pensare che Notti Magiche sia nata lì”.

In un’ Italia diversa da quella di oggi, ma già spaccata in due da venti di discriminazione territoriale, Notti Magiche ha rappresentato una svolta, una sintesi, un punto di incontro. È stata molto più di una semplice canzone, lo è ancora perché appunto ogni qual volta la cantiamo tornano in mente le immagini del tricolore al vento: “Io sono e resto napoletano – continua Bennato – ma questo mio essere l’ho vissuto in modo diverso perché mi sento italiano e cittadino del mondo. Così quando ho iniziato a fare questo mestiere non ho voluto manager al mio fianco ma quei ragazzi di quel cortile, i miei “fratelli d’Italia”. Sono andato controcorrente, lo era anche quella canzone che magari non piaceva troppo al mondo spocchioso degli intellettuali perché era un brano estremamente popolare”.

Così, quelle parole sono arrivate alla gente: “C’era chi diceva che la mia voce fosse sgradevole, invece era una voce libera. Venivo dai festival “alternativi”, avevo suonato con il tamburello a pedale per strada per farmi ascoltare: sapevo come arrivare al cuore della gente. Ero controcorrente eppure mi affidarono un ruolo quasi “istituzionale”. San Siro, la Scala del Calcio, nel giorno della palla al centro di Argentina-Camerun: Bennato – incredibile ma vero – si sentiva a casa anche lì: “Nel 1980, dieci anni prima, avevo fatto un tour in quindici stadi, l’ultimo fu San Siro. Un segno del destino. Avevo già giocato il Mondiale in anticipo, concerto per concerto, impianto per impianto: Torino, Napoli, Udine e via discorrendo. Sapevo com’era suonare davanti a tanta gente”.

Già, ma quell’estate e quella canzone hanno stravolto anche la vita di Bennato: “Uno degli amici del cortile, Franco, era ormai il mio impresario, mi chiama e mi dice che Caterina Caselli e Gianna Nannini volevano che fossi io a scrivere il testo dell’anno del Mondiale. Gli dissi: “Ma sei pazzo? Noi, proprio noi, una cosa ufficiale…”. Invece, andò esattamente così: “Mi aiutò un altro amico del cortile, Gino Magurno, e composi la canzone. Fu una magia, come quel giorno a San Siro… facevamo le prove per la mondovisione a poche ore dal via e dall’altro lato del campo vidi Diego che era appena arrivato con la Seleccion, mi chiese di presentargli Gianna Nannini e così lei scese dal palco e ci facemmo una foto. Che emozione”.

Fu un successo planetario, anche se Notti Magiche non piacque proprio a tutti: “Un anno dopo un giornalista mi disse, tu per noi eri un riferimento ma quando ti abbiamo visto sul palco del Mondiale con la Nannini ci è crollato un mito. Come se avessi avuto la colpa di essermi “allineato”, invece io credo di essere stato audace come sempre. Poco dopo, però, a Pistoia Blues ebbi una soddisfazione enorme: speravo di fare un duetto con B.B. King, glielo andarono a chiedere e gli fecero il mio nome. Lui si voltò e disse: “Chi è questo?”, gli spiegarono che avevo fatto l’inno dei Mondiali e fui ammesso al suo cospetto e alla sua chitarra e lui volle fare “Signor Censore” con me…vallo a vedere su YouTube”. Insomma, la sigla del Mondiale ’90 per Bennato ha il sapore di una patente presa: ” B.B. King mi disse: “You can play the Blues e per me fu come alzare la Coppa al cielo”.

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