Gianluca Monti - giornalista e comunicatore.

Ottanta…voglia di Di Marzio

Il ragazzo fortunato cui hanno regalato un sogno, sì proprio quello della canzone di Jovanotti, è un giovanotto di ottant’anni che di nome fa Gianni Di Marzio. Il calcio è cambiato, lui no perché ha lo stesso entusiasmo di sempre. Il compleanno, tanto per dire, lo ha festeggiato in Colombia: “Non volevo che si sapesse troppo in giro che ne facevo 80, ma questi “maledetti” social mi hanno tirato uno scherzo: però quanti whatsapp ho ricevuto, che gioia e che orgoglio”. Gianni parte, difficile stargli dietro. Dicevi della Colombia…”già, hai ragione. In Sudamerica tra poco scattano le qualificazioni alle prossime Olimpiadi, ma mica potevo aspettare che iniziassero le gare ufficiali. Sono andato per dei club inglesi a vedere le amichevoli, hanno già le mie relazioni. Il tempismo è fondamentale”.
Lui lo ha sempre avuto, ha sempre – o quasi – saputo quando era il momento di fare cosa: “Ho tirato quattro calci al pallone, poi sono stato allenatore, talent scout, commentatore, direttore sportivo ed ora faccio un corso intensivo da…nonno. È stato tutto consequenziale: ad esempio, il fiuto per scoprire i migliori calciatori in giro per il mondo me lo ha dato il fatto di essere stato allenatore ed aver conosciuto certe dinamiche”. Detto da quello che a Napoli voleva per primo portare “un certo Mariconda” (“su un giornale scrissero così, è acqua passata”, spiega Di Marzio) che in realtà era un certo Maradona, e che alla Juve nel 2002 propose tale Cristiano Ronaldo, è una rivelazione. Di Marzio fa capire che tutto nasce dal campo, dall’occhio e dalla scaltrezza. Non c’è Wy Scout che tenga. “Io sono a favore della tecnologia, può aiutare l’occhio ma senza l’occhio non serve a nulla”.
Ancora oggi guarda avanti ma spesso ha dovuto guardarsi le spalle: “Ho lasciato Catanzaro per Cosenza, Nocera per Castellammare ed ho sempre fatto bene, paradossalmente ho sbagliato quando non ho lasciato il Catania per andare al Palermo e quando non ho lasciato il Napoli per la Lazio. Insomma, quando ho seguito il cuore”. Dunque, meglio “traditore” che “tradito”. Già, perché così si è sentito dopo quel quinto posto e la finale di Coppa Italia quando pochi mesi dopo arrivò l’esonero dalla panchina del “suo” Napoli: “Mi feci convincere a restare, nonostante la rosa venne ringiovanita e depauperata tecnicamente e nonostante la corte di Chinaglia che mi voleva in biancoceleste”. Al cuore non si comanda ed un pezzo di cuore Gianni lo ha lasciato a Castellammare: “Mi presero dalla Nocerina, dove avevo appena ricevuto il “Seminatore d’Oro, per i molossi fu uno sgarbo, ma alla Juve Stabia mi legano solo ricordi felici ed infatti ho voluto che a Castellammare nascesse mio figlio Gianluca; ovvio che a casa mia si segua con simpatia la squadra di Caserta”.
Di Marzio vive a Padova, ma i problemi del nostro calcio – a partire da quelli del Napoli – li analizza come un vero uomo del Sud: “Non abbiamo strutture e spesso pecchiamo nell’organizzazione societaria, forse solo il Benevento in tal senso sta facendo passi avanti. Fortuna che con la scaltrezza spesso riusciamo a sopperire”. Prego Maestro, un ultimo aneddoto: “Quando a Castellammare ospitammo l’Avellino (stagione 1972-73 ndr) feci arrivare allo stadio tre quintali di pietruzze che spargemmo sul terreno di gioco, loro erano fortissimi ma si trovavano sempre un coniglio nel pallone per come rimbalzava, vincemmo noi e Pier Paolo Marino ancora mi rimprovera”. Con il sorriso, logicamente. Perché un ragazzo fortunato come Gianni un sorriso te lo strappa sempre, anzi più di uno. Dirà che sono un “filibustiere”, in realtà lui lo è più di ogni altro personaggio che graviti nel calcio dal secolo scorso ad oggi. Ha vinto, ha perso, ha pareggiato, ha viaggiato, ha vissuto, ha scoperto (Diego, CR7, Aguero, Fernandinho, Pato e tutti gli altri che ho dimenticato di citare perché Gianni andava troppo veloce mentre li snocciolava). Lui è così, romantico e onesto ed io “Ottanta” voglia di sapere cosa penserà di questo pezzo…

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