Gianluca Monti - giornalista e comunicatore.

Armellino per tutte le stagioni

Da Seiano, quando torna a casa, Marco Armellino guarda il mare e scruta l’orizzonte. Il suo non è ancora ben definito, eppure l’ex centrocampista – tra le altre – di Vico Equense e Sorrento riesce ad intravederlo anche attraverso quella coltre di nebbia che fa capolino a Monza: “Il sogno della Serie A non l’ho mica accantonato, certo potrebbe sembrare tardi ma non è detto che sia così e poi non sono abituato a guardare indietro”

Lo abbiamo “costretto” a farlo, ma in realtà quando parli a Marco Armellino dei suoi inizi gli brillano gli occhi. Dal presidente Savarese a Silvio Berlusconi ne è passata di acqua sotto i ponti: “Debbo tutto proprio a Savarese e a Giovanni Ferraro – dice con riconoscenza -, ho stampato in mente quel momento in cui il tecnico mi chiese, al mare, se me la sentivo di giocare nel Vico”. Savarese lo prese dal vivaio del Sorrento, lo portò a Massaquano agli ordini di Ferraro e da lì la favola ebbe inizio. “Merito del mister che ha sempre creduto in me, mi ha fatto giocare in tanti ruoli e lasciava i grandi in panchina per darmi spazio e fiducia”. Merito suo, però, perché non si è perso per strada come tanti ragazzi talentuosi della Penisola.

Qui Armellino dimostra tutta la sua “diversità” o semplicemente la sua maturità: “Quando hai 16-17 anni e vivi dalle nostre parti sei spesso portato verso strade sbagliate: magari finisce che la sera ti lasci trascinare dalle cattive compagnie. Ecco, per me è sempre venuto prima il calcio. Ero appassionato di motociclette, Ferraro mi ha fatto capire che non ci dovevo più pensare perché era una distrazione pericolosa. Il consiglio che sento di dare ai ragazzi delle mie zone è questo: non abbiate il rimpianto di non aver dato tutto per emergere”.

Parole forti, sentite, di uno che ce l’ha fatta grazie anche a grandi maestri: “Com’era Sarri a Sorrento? Arrivò e disse in una intervista che non dovevano cedermi. Primo allenamento con maglia nera e cintura color panna, scaramantico fino al midollo e fumatore incallito. Mi faceva giocare vicino a Camillucci nel suo 4-2-3-1, era un “malato” della tattica”. Il massaggiatore di quel Sorrento, Giancarlo Colonna, si prende ancora cura di Marco quando Armellino torna in Costiera: “Sto invecchiando, ho bisogno di lui in estate e nelle soste”.

Marco scherza, ma non troppo. Del resto, è uno che si cura molto e si alimenta bene: “Faccio i sacrifici necessari”. Per questo gli allenatori, tutti, lo hanno sempre tenuto in grande considerazione: “A proposito, vedrete che Brocchi ne farà di strada. Ha un occhio di riguardo per noi centrocampisti, ci fa giocare un gran calcio e vuole che non la buttiamo mai”. Marco è stato fortunato, ha trovato grandi interpreti del suo ruolo come allenatori: “Liverani a Lecce era un martello, merita tutte le soddisfazioni che si sta togliendo”. Armellino poteva salire in A con i salentini, invece ha fatto un doppio salto all’indietro, ma solo in apparenza: “Monza è un’esperienza bellissima, una realtà diversa rispetto a tutte quelle del Sud ma anche alle altre in cui ho giocato. Se non ci fossero stati Galliani e Berlusconi a volermi, difficilmente avrei lasciato Lecce e la Serie A ma chissà che non possa raggiungerla qui a Monza”. Un sogno che Marco condivide con il suo agente storico Maurizio De Rosa. “Sono con lui da sempre, spesso i giovani cambiano procuratore alla prima telefonata senza sapere che chi ti cerca quando fai bene poi ti molla alla prima difficoltà. Io sono cresciuto con altri valori e ora ho trovato grande equilibrio anche fuori dal campo – continua Armellino – grazie a Rosaria, la mia compagna da tre anni, che è di Castellammare. Chissà se l’avessi conosciuta prima…”. Non c’è tempo per guardare indietro, meglio affacciarsi da Seiano e scrutare l’orizzonte. Quello di Armellino è sempre più roseo.

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